CI MANCAVA SOLO IL COBALTO

Nel caso della tragica, e per ora oscura, fine della modella Imane Fadil, coinvolta nelle storie del “bunga bunga”, la cosiddetta “informazione di qualità”, quella che “parla alla parte migliore del Paese” e che ci salverà dalle fake news, si è esibita in una performance che sarebbe esilarante, se non fosse che si parla di gente morta. Giorno uno: compare la pista russa, inevitabile anche quando mia madre brucia l’arrosto. Si parla di avvelenamento da cobalto, materiale che solo la Russia avrebbe per una sua arma segretissima. Nessuno che si chieda perché la Russia dovrebbe eliminare la povera Imane. Nessuno che si chieda perché la Russia dovrebbe, nel caso, svelare un’arma segreta per ammazzare una ragazza. Ma tant’è. Giorno due: salta fuori che per ammazzare qualcuno in quel modo bisognerebbe praticamente imbottirlo di cobalto. Che l’unico caso conosciuto di avvelenamento da cobalto risale al 1840. E infine che forse Imane non è stata nemmeno avvelenata. Ma come si fa? Perché bisogna scrivere certe panzane? E non è che la crisi dei giornali tradizionali è causata, anche, dal fatto che la “parte migliore del Paese”, quella che fino a ieri era disposta a spendere per informarsi, si è stufata di essere presa per il naso a 1,5 euro la copia?