OSAKA SUMMIT: STRETTE DI MANO. SUL CLIMA TRUMP TIENE DURO E IL PIANETA BRUCIA

OSAKA SUMMIT: STRETTE DI MANO. SUL CLIMA TRUMP TIENE DURO E IL PIANETA BRUCIA

l nord del tempio di Kasuga sulla collina delle giovani erbe,  sagome dolci lungo i muri. bandiere tenui più sotto il sole. Ricorda quella di una vecchia canzone di Eugenio Finardi l’immagine della città di Osaka, sede del G20 appena concluso. Un summit in cui tutti “restano fermi” e poco si è mosso.Per meglio dire abbiamo assistito a qualche rituale giro di valzer lento, molto lento. Un invito di Putin a Trump per consolidarne la campagna elettorale. Qualche frase dal suono sovranista pronunciata dal leader del Cremlino, col pensiero probabilmente rivolto ad un’Europa dove i sovranismi nazionali potrebbero fargli gioco.E ancora tanti auspici, che non fanno mai male perché costano poco e qualche impegno concreto che potrebbe essere smentito domani. Sospesa la prossima ipotizzata ondata di dazi contro la Cina; auspicata una stretta di mano tra Donald e Kim. Una strizzatina d’occhio al leader super reazionario del Brasile. a rassicurare il pubblico che Trump è sempre lui. Ma se con Xi sui dazi qualche ragno dal buco lo si è tirato fuori, dall’incontro tra vecchi amici di Donald e Vladimir si fa fatica a scorgere la polpa. Venezuela, Ucraina e soprattutto Iran? Se ne è discusso e non si è finito a botte. Punto. Chissà cosa ne dirà Israele, in paarticolare sul medio oriente, dove un’ultima parola ce la mette sempre. Anche se non appartiene alla cerchia dei 20 eletti. Dimenticavamo, sull’ambiente nulla di nuovo. Trump continua a ritenere carta straccia gli accordi firmati dai suoi predecessori. Il pianeta vaa arrosto, ma se ne parlerà domani. Pardon. Il summit si è già concluso.