CHE FINE HANNO FATTO. LA RINASCITA DI MATTEO MARZOTTO

L’Italia, nel periodo compreso tra gli anni 80 ed il 2000, è stata al centro di una cultura per certi versi rivoluzionaria, quella dell’edonismo, del pop inteso come esplosione di colori e vitalità. Anni in cui ci si è voluti smarcare, ovunque, non solamente nel bel paese, dalle contestazioni, dalla crisi energetica, dal piombo nelle strade. In quegli anni spopolavano modelle glamour e seducenti, ed un ristretto gruppo di play boy, eredi dei vari Porfirio Rubirosa e Gigi Rizzi. Ragazzi di buona famiglia, imprenditori di successo, non solamente ricchi sfaccendati che vivevano tra lusso e vizi, l’evoluzione del fenomeno yuppies. Tra di loro spiccava un giovane prestante, uno sportivo, figlio di una figura più celebri e conosciute della mondanità italiana, quella Marta Marzotto che fece perdere la testa a più di un artista. E suo figlio Matteo non fu da meno, uno dei rampolli più corteggiati, più desiderati. Come lui stesso ha confessato in una intervista, la sua esposizione mediatica venne usata per screditare la sua professionalità, mentre non veniva considerata minimante la sua vita vissuta a Valdagno, in Veneto, dopo la separazione dei suoi genitori. Da Roma, dai salotti, si trasferì vicino al padre, che seguiva l’azienda di famiglia, nel solco della tradizione. Anni in cui si alternavano foto di lui assieme alle sue conquiste, Naomi Campbell forse la più famosa, ed interviste sui suoi progetti. A 32 anni, dopo la scomparsa della sorella Annalisa a causa di una fibrosi cistica, la famiglia Marzotto fondò la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica, di cui attualmente Matteo è presidente. Un impegno sociale non legato all’apparenza ma alla volontà di fare qualcosa di concreto, tanto che in circa 20 anni di attività sono stati investiti oltre 24 milioni di euro per progetti scientifici e di ricerca. Nel 2016 poi la condanna, da parte del Tribunale penale di Milano, per omessa dichiarazione dei redditi, in merito alla cessione del marchio Valentino Fashion Group , senza versare in Italia le imposte dovute, circa 70 milioni di euro dovute alla plusvalenza realizzata. Condanna vissuta dolorosamente da Matteo, che parla di irregolarità e tecnicismi da lui ignorati, tanto è vero che, nell’assumersi le proprie responsabilità, ricorrendo ai gradi successivi di giudizio, ha scelto di non patteggiare, per portare avanti al propria verità. Un fatto vissuto come offesa personale, l’essere additato come evasore seriale non è piacevole per nessuno, men che meno per chi, sempre sue dichiarazioni, si è sempre speso per il sociale. Ma Matteo Marzotto ha trovato, nel suo percorso di vita, anche un altro scopo, un altro sentiero, parallelo al vivere: la fede. Non ha avuto segni mistici o particolari segnali, nessun episodio che lo ha convinto, lui che proveniva da una famiglia liberale, ad avvicinarsi ad un mondo fatto di spiritualità. Un cambiamento che ovviamente ha influito anche sulla considerazione del mondo, di se stesso, trovando il tempo per dedicarsi ai testi sacri, alla preghiera. Il suo volersi mettere a disposizione degli altri è un modo per restituire ciò che la vita gli ha donato, e questa sua forza nella fede è unita alla sua determinazione negli affari, tanto che ha rivolto un invito agli imprenditori della sua regione il Veneto. Un incoraggiamento a stare più insieme, ad una maggior coesione e condivisione, ad essere più squadra. Matteo Marzotto è convinto che sia necessario mettere l’uomo al centro di ogni esperienza, non il capitale o la produzione, ma l’uomo, perché, parole sue, le imprese e le società che vincono le sfide sono quelle che hanno l’uomo al centro.